Conservare lo spirito dell’infanzia dentro di sé per tutta la vita vuol dire conservare la curiosità di conoscere il piacere di capire la voglia di comunicare Bruno Munari.
Mi manca un venerdì[1] è il titolo del mio nuovo tour fantasiologico 2018-2019. È rivolto ai bambini di età dai 7 ai 9 anni. Librerie, associazioni, biblioteche, centri ricreativi e ristoratori d’Italia possono ospitare una tappa dell’incontro in cui i bambini, insieme ai loro genitori, fanno esperienze ed esercizi di fantasia, immaginazione e creatività.
L’espressione “mi manca un venerdì” è un modo di dire italiano che sento più al nord che al centro o al sud Italia. «Il modo di dire allude, con molta probabilità, alla presunta stravaganza di chi nasce prematuramente. Costoro sono ritenuti “incompleti” e mancanti di qualche venerdì. E perché proprio venerdì? Perché al venerdì sono collegati tradizionalmente manovre scaramantiche, riti magici e pratiche occulte.»[2] “Mi manca un venerdì” è espressione rivolta alla «persona che si comporta in modo strano e scombinato»[3]. Da qui il titolo del tour. Non perché mi comporti in modo strano e scombinato proponendo argomenti inverosimili, confusi e inconcludenti ma perché le persone che partecipano agli incontri fantasiologici, adulti e bambini, dopo i primi minuti di conversazione, hanno la sensazione di imbattersi in temi singolari e di riflesso si sentono essi stessi stravaganti (lo so perché poi me lo confidano!). La sensazione iniziale che mi rivelano è di sperimentare cose insolite, di sentirsi… diversi. Strani, appunto. Poi il clima si fa più disteso e si cede il passo all’interazione e al divertimento. Mi manca un venerdì mi sembra un titolo adeguato alle impressioni provate.
Qui non si chiede di essere strani ma genitori e bambini lo diventano dopo qualche istante dall’inizio dell’incontro. Mi manca un venerdì s’incentra sul concetto di “strano”[4] che chiama in gioco lo stupore ma anche la perplessità, la meraviglia ma anche il turbamento. Per esempio, faccio domande del tipo: «Come si può riprodurre, secondo una precisa logica, la forma di un binocolo avendo tra le mani una pallina da basket?»; «Che relazione c’è tra un calendario e un cane?»; «Tra il numero 7 e la mia identità?»; «Come posso dimostrare che la parola “palla” nasconde una sequenza numerica palindroma?». Domande che a prima vista sembrano stravaganti ma a cui seguono risposte precise, dimostrabili logicamente. Risposte logiche? Sì, a riprova del fatto che fantasia immaginazione creatività logica convivono in rapporti di stretta continuità.[5]
Mi manca un venerdì è un incontro interattivo dedicato al gioco fantasiologico, un modo di esplorare e di conoscere quello che ci circonda: con le parole, nelle parole, oltre le parole. I bambini e i genitori sono i protagonisti, io cerco di ispirarli ma senza suggerire un modello da adottare e da seguire. Lo scopo non è quello di ritornare a casa sapendo fare un esercizio o un’attività ma avere l’impulso a farne altri. Di propri.
Spesso ci vuole tempo per trovare una risposta o una relazione tra un pensiero e un altro e si rischia di annoiarsi. La noia è davvero un rischio? Assolutamente no: essa è suggeritrice di cose utilissime all’immaginazione, alla fantasia, alla creatività e alla stessa logica.[6] Basta saperla ascoltare. La noia offre nuovi modi per distrarsi e nella distrazione si trovano cose.[7] Il quotidiano presenta molti momenti di noia, o almeno dovrebbero esserci, e se tra le mani ci capita un semplice tovagliolo potremmo non solo pulirci la bocca o le mani ma creare anche mirabili forme e narrazioni.[8]
In Mi manca un venerdì ci occupiamo di piccole cose quotidiane, conosciute, comuni, come una pallina da basket. Cose che però guardiamo con il gioco del far finta[9], con lo straniamento[10], soprattutto con il gioco della dimostrazione.[11] Pensiamo. Scriviamo. Riflettiamo. Giochiamo. Giochi linguistici, matematici, spaziali.[12] Dalle cose che trovo nel luogo in cui si svolge l’incontro, invito i bambini e i genitori a spaziare con sguardo fantasiologico, dunque in modo divertente e istruttivo, nelle discipline umanistiche, scientifiche, ludiche, artistiche, nei diversi aspetti del vivere quotidiano e nel fantastico. Io non dirigo ma esploro insieme a loro e subito ci ritroviamo a fare dimostrazioni logiche, a compiere bizzarrissime stravaganze, ad acuire la nostra curiosità, ad attivare stimolanti riflessioni, a porci dei dubbi, a fare esercizi ricreativi e ri-creativi.
In Mi manca un venerdì la fantasia, l’immaginazione, la creatività sono indagate attraverso la dinamica del gioco.
Per la fantasiologia il gioco è:
– ATTIVITÀ logica, didattica, creativa e ri-creativa;
– IMPULSO a sviluppare il libero piacere e a favorire il sentimento della leggerezza;
– FUNZIONE biologica per stimolare le attività, le curiosità, i dubbi e le potenzialità;
– CARATTERE privilegiato per l’educazione, la conoscenza e la funzione sociale.
L’incontro si svolge secondo una performance interattiva[13] e regge su un decalogo fantasiologico, da seguire in rigoroso ordine sparso:
1) curiosità e dubbio: che cos’è e che altro è;
2) percezione: chi, come, dove, quando;
3) senso critico: perché;
4) consapevolezza: fare, sapere, mostrare;
5) attività logica, ludica, giocosa e ri-creativa: sguardo interdisciplinare, sul vero e sul reale;
6) emotività: sensazioni e spensieratezza;
7) integrazione e condivisione: stare insieme e fare insieme;
8) consolidamento delle conoscenze pregresse e pratica di nuovi punti di vista: prima, adesso, dopo;
9) conoscere e gioire: viaggi della scoperta e dell’invenzione;
10) confronto con se stessi e con gli altri: io e….
I bambini, e sullo sfondo i genitori, vivono Mi manca un venerdì con emozione e stupore. In due ore, il bambino esplora, pensa, crea e risolve insolite connessioni. Da solo e in gruppo (massimo 25 bambini a incontro). Fa esperienza sulle relazioni (associazioni), sulle possibilità (fantasia), sulle azioni (immaginazioni), sugli usi (creatività), sulle irrealtà (fantasticherie), sul mondo in cui vive (realtà). In Mi manca un venerdì il bambino sperimenta con occhi rinnovati la realtà che lo circonda e capisce che il suo cervello, parole sue, gioca in modo nuovo e pensa a cose a cui non aveva mai fatto caso. In una parola: si diverte. Divertirsi vuol dire prendere un’altra direzione, da quella solitamente percorsa. Non solo ricrearsi ma anche ri-creare. Guardare il circostante con occhi curiosi e pieni di dubbi. Qui divertirsi vuol dire comportarsi in modo insolito, pensare a cose strane. Visti da fuori sembriamo persone a cui “manca un venerdì”. Visti da dentro, siamo persone che si divertono e imparano tantissimo. Si sa, la stranezza è una questione di punti di vista.
Lo stupore provato dai bambini a confronto con le attività fantasiologiche di Mi manca un venerdì lo si scorge in questo breve filmato realizzato in occasione dell’anteprima nazionale del tour presentato alla Libreria Che Storia di Caserta.[14]
Giorni fa ho rivisto un bambino[15] che mi diceva che a casa sua i genitori non credevano possibile ricreare con logicità la forma di un binocolo avendo tra le mani una pallina da basket. «Mi dicono che si può prendere la pallina tra le mani e fare la forma del binocolo con le dita ma che non c’è un metodo preciso». Glielo dicevano sorridendo ma anche con serietà e questo gli creava imbarazzo, mi ha confidato, perché pensavano che il suo fosse un pensiero sì divertente ma irreale. Incuriosito, gli ho domandato se aveva mostrato loro la soluzione[16] e lui, orgoglioso e sorridente, mi ha raccontato di averlo fatto e che i suoi genitori erano rimasti a bocca aperta. In più, aveva consigliato a mamma e a papà un atteggiamento da adottare per il futuro, lo stesso che avevamo capito qualche giorno prima in classe: «Prima di dire che una cosa è impossibile bisogna pensarci e provarci. Sempre.»
Il prossimo incontro di Mi manca un venerdì è giovedì 22 marzo 2018 alla Libreria Il Mattoncino di Giugliano in Campania, Napoli.
Massimo Gerardo Carrese