Okazuje się, że marzenia się spełniają…/Ho scoperto che i sogni si realizzano…
Okazuje się, że marzenia się spełniają… Ho scoperto che i sogni si realizzano…
Stralci da http://www.irenasendler.it/
Ho sognato di rappresentare un giorno uno spettacolo su Irena Sendler e i suoi collaboratori.
Ho sognato di girare l’Italia per diffondere il suo immenso operato e il suo messaggio di bontà.
Ho sognato di incontrare Elżbieta Ficowska, la bambina più piccola salvata da Irena Sendler, e poterla abbracciare forte e darle un bacio pieno d’amore.
Ho sognato di entrare in casa di Jadwiga Piotrowska (e Hanna Rechowicz), dove furono nascosti numerosi bambini ebrei, e vedere l’albero nel giardino in cui fu seppellito l’archivio con i nomi dei bambini salvati.
Ho sognato di camminare su quel suolo calpestato dai Giusti.
Ho sognato di rendere un mio piccolo omaggio a tutti quei bambini che non ce l’hanno fatta. A coloro che è stata tolta la vita in maniera incomprensibile e inconcepibile, solo perché ebrei, rom, sinti…
Ho sognato di rendere un mio piccolo omaggio ai bambini sopravvissuti alla Shoah, perché grazie alla loro testimonianza sono una persona migliore, più umana.
Ho sognato di rendere un mio piccolo omaggio alle staffette e a tutte quelle persone che hanno messo a rischio la propria vita e quella dei propri familiari, pur di salvarne una sola…
Ho sognato di ritornare in Polonia, per rappresentare lo spettacolo su Irena Sendler, con mia moglie Federica, mia figlia Greta, e la compagnia tutta, dinanzi a Bieta Ficowska, Hanna Rechowicz, Leszek Kazana, Anna Mieszowska, Renata Machulec e a tutti voi…
E ho sognato di sognare che i miei desideri si potessero realizzare.
E stasera sono qui…
Sono qui per dirvi di credere nei vostri sogni!
Che la bontà trionfi sempre!
Marzyłem o wystawieniu pewnego dnia sztuki o Irenie Sendlerowej i jej współpracownikach.
Marzyłem o podróżowaniu po Włoszech, aby rozpowszechniać jej ogromną działalność i jej przesłanie dobroci.
Marzyłem o spotkaniu z Elżbietą Ficowską, najmłodszym dzieckiem uratowanym przez Irenę Sendlerową, aby móc ją mocno przytulić i ucałować z miłością.
Marzyłem o wejściu do domu Jadwigi Piotrowskiej (i Hanny Rechowicz), gdzie ukrywanych było wiele żydowskich dzieci i zobaczeniu drzewa znajdującego się w ogrodzie, pod którym schowane było archiwum z nazwiskami ocalonych dzieci.
Marzyłem o chodzeniu po tej zdeptanej przez Sprawiedliwych ziemi.
Marzyłem o oddaniu swojego małego hołdu wszystkim tym dzieciom, którym się nie udało. Tym, których pozbawiono życia w sposób niezrozumiały i niepojęty, tylko dlatego, że byli dziećmi żydowskimi, romskimi, cygańskimi….
Marzyłem o oddaniu swojego małego hołdu dzieciom ocalałym z Holokaustu, ponieważ dzięki ich świadectwu jestem lepszym człowiekiem, bardziej ludzkim.
Marzyłem o oddaniu swojego małego hołdu łącznikom i wszystkim tym osobom, które narażały swoje życie i życie swoich rodzin, byle by ocalić jedno z nich…
Marzyłem o powrocie do Polski razem z moją żoną Federicą, córką Gretą i z całym zespołem, aby móc wystawić sztukę o Irenie Sendlerowej przed Bietą Ficowską, Hanną Rechowicz, Leszkiem Kazaną, Anną Mieszowską, Renatą Machulec oraz przed wami wszystkimi….
I marzyłem o tym, aby moje pragnienia się spełniły.
I jestem tu dziś wieczorem….
Jestem tu aby wam powiedzieć, żebyście wierzyli w swoje marzenia!
Niech dobro zawsze triumfuje!
Traduzione di Magdalena Ryder
LIBRO
IL PRIMO TESTO DRAMMATURGICO IN ITALIA, E NON SOLO, SULL’IMMENSO MAGISTERO DI IRENA SENDLER.

A cura di SUZANA GLAVAS
Era il 12 maggio 2008 quando lessi della scomparsa di Irena Sendler e del suo immenso magistero. Incredulo di ciò che avevo letto, mi chiesi come mai una storia così importante non fosse stata ancora diffusa, come mai una storia così incredibile non si conoscesse in Italia, una di quelle storie che quando le ascolti ti riempiono il cuore di gioia, di amore, di ammirazione, di stupore. Annotai la notizia, rimase solo un pensiero…
Cinque anni dopo, nel gennaio del 2013, in occasione della Giornata della Memoria, sulla rete nazionale, e precisamente nella trasmissione Voyager, fu mandata in onda un’intervista ad Elżbieta Ficowska (la bambina più piccola salvata da Irena Sendler dal ghetto di Varsavia) che mi scosse letteralmente. La semplicità con cui “Bieta” raccontava dell’immenso magistero della Sendler, delle sue “staffette”, del suo salvataggio, mi travolse così impetuosamente, da prendere la decisione di portare in scena la sua vita. Cominciai a prendere appunti, a mettere da parte notizie, ad annotare date. Mi resi conto che in Italia la storia di Irena era sconosciuta, lei una donna invisibile; nessuna rappresentazione teatrale, un paio di convegni sporadici, un solo libro: tra l’altro introvabile!
Nell’estate del 2015, presi la decisione di allestire lo spettacolo a qualsiasi prezzo, anche indebitandomi. Irena Sendler era troppo presente in me, era diventato un macigno, dovevo “liberarmi”; sentivo che chiedeva giustizia affinchè la sua storia venisse diffusa e portata a conoscenza di tutti: è un nostro dovere tenere in vita la “memoria”, è un nostro dovere “ricordare”, mi dicevo.
Dopo aver rifiutato una scrittura importante, presso un teatro prestigioso di Napoli, ho finalmente debuttato nel suggestivo sito del Succorpo dell’ Annun-ziata, grazie all’Assessore alla Cultura di Napoli: Nino Daniele, e alla Prof.ssa Suzana Glavaš, che ha voluto fortemente la pubblicazione del testo teatrale, peraltro Patrocinato dall’ Ambasciata Polacca in Roma, da Amnesty International, dal Consolato Onorario della Repubblica di Polonia in Napoli e dal Comune di Napoli.
Tante volte mi sono chiesto quale fosse la ragione che spinge una donna di soli 30 anni, a compiere un’azione di tale entità! E la risposta è semplice: il suo senso di rettitudine, di accoglienza e di umanità. In un’ epoca in cui siamo bombardati da notizie che fanno inorridire e hanno dell’inaccettabile, come le fughe dalla Siria, le traversate dei barconi per i mari o per il deserto, e via via ad attraversare terre e confini dei paesi un po’ o niente affatto accoglienti (di cui sentiamo giorno dopo giorno tra un piatto di pasta delizioso da gustare o tra le pubblicità improbabili e ambigue da sopportare), mi domando: Perché l’insegnamento dei nostri avi e dei nostri predecessori non è servito a nulla? Perché non ci facciamo carico tutti, nessuno escluso, del Principio Sommo: “Ama il Tuo Prossimo come Te Stesso?” Dovremmo tutti noi, credenti e non, partire da questo Comandamento per realizzare una civiltà migliore, più altruista e più ci-vile, altrimenti in che mondo faremo crescere e vivere i nostri figli? Che mon-do lasceremo ai nostri discendenti? Alla cacciata dall’Eden fu comandato all’Uomo e alla Donna: “Andate e prolificatevi!” Non fu comandato “Andate e uccidetevi!”
La storia di Irena Sendler è rimasta sepolta per 60 anni. Pur essendo stata partigiana, la Sendler non condivise mai la politica del Partito Comunista polacco. Nel 1965 venne riconosciuta dallo Yad Vashem di Gerusalemme come una dei Giusti tra le Nazioni. Solo in quell’occasione il governo comunista le diede il permesso di uscire dal paese per ricevere il riconoscimento in Israele. Avvenne grazie alle ricerche degli studenti di una scuola superiore del Kansas nel 1999 che la storia della vita della Sendler fu riscoperta. Furono proprio loro a lanciare un progetto per fare conoscere la vita e l’operato di Irena Sendler a livello internazionale. Nel 2003 papa Giovanni Paolo II le inviò una lettera personale elogiandola per i suoi sforzi nella resistenza polacca. Il 10 ottobre 2003 le fu conferita la più altra decorazione civile della Polonia: l’Ordine dell’Aquila Bianca e il Premio Jan Karski “Per il Coraggio e il Cuore”. Fino all’ultimo suo respiro non ha fatto altro che ripetere: « Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di gloria » ed anche: “Avrei potuto fare di più. Questo rimpianto non mi lascia mai.” La vita di Irena Sendler, insieme a quella dei suoi collaboratori (“…senza di loro, non avrei potuto fare nulla.”) è una grande testimonianza di coraggio, di amore e di rispetto per tutti, senza distinzioni di razza, religione e fede. Racconta infatti che per un bambino da salvare, occorreva la collaborazione di circa dieci persone, proprio così … dieci persone mettevano a rischio la propria vita, per salvare un bambino. Predicava, con parole semplici: “Dobbiamo lottare per ciò che è buono. Il buono deve prevalere, deve prevalere e io ci credo. Finchè vivrò, finchè avrò forza, professerò che la cosa più importante è la Bontà”.
Facciamoci tutti carico di tale Insegnamento ed Esempio di Umanità, che più che nelle Preghiere, in lingue diverse o con diversi usi e costumi, sta nel linguaggio universale delle nostre Buone Azioni.
Roberto Giordano
“Lo stigma su un gruppo di persone è un meccanismo che genera violenza, abusi e ingiustizia, e la storia dell’olocausto ne è una delle espressioni più spaventose.
Eppure, oggi, che senso ha ripercorrere ancora storie come quella di Irena Sendler? Ne ha. In parte, per ovvie ragioni: la memoria dell’orrore non dovrà mai essere cancellata. In parte, ci aiuta a riflettere sulle conseguenze della discriminazione: non ci importa se lo stigma sia verso l’ebreo, il musulmano, il rom, il migrante, il rifugiato, ci importa il fatto che è pericoloso, oltre che terribilmente ingiusto e raccontarlo è sempre necessario.
Ma c’è anche un altro motivo. La storia di una donna straordinaria come Irena può restituirci fiducia e speranza nell’umanità, e rappresentare un esempio: se uomini e donne hanno avuto un tale coraggio, in tempi così oscuri e brutali, dovremmo sentirci in dovere di raccogliere una parte delle loro eredità morale, e testimoniare anche noi la nostra indignazione, qui e ora. Purtroppo, non mancano occasioni per doverlo fare”.
Laura Petruccioli
Ufficio del Portavoce
Amnesty International – Sezione Italiana