Perché la Polonia? – Mariachiara Barra

Cari amici, vi ho già parlato di Mariachiara qualche tempo fa. Ho visto che avete letto con grande curiosità il suo articolo in cui era evidente che il suo scopo della sua presenza in Polonia non era legato ad alcuna aspirazione se non quella di svolgere la sua missione di volontariato. Prima di approdare a Katowice aveva già avuto esperienze in altre nazioni, tra cui l’Ucraina e il Madagascar. Qui, però, passo dopo passo, mese dopo mese, anno dopo anno intuisce che si sta creando un legame che sfugge ai suoi programmi e alla sua razionalità. Dunque, oggi, ricevo il suo secondo articolo in cui credo voglia dare una risposta a noi tutti sui motivi della sua lunga permanenza in questa nazione.

Grazie Mariachiara, siamo tutti fieri di te e cercheremo di starti accanto soprattutto nei momenti difficili che certamente non mancheranno. Noi continueremo ad aspettare le tue bellissime testimonianze.

ArteCultura

„Perché la Polonia?”: il volontariato europeo come biglietto d’ingresso in un paese straniero

„Perché la Polonia?” è probabilmente la domanda più frequente rivolta ad uno straniero che si trasferisce in questo paese. A coloro che non conoscono la Polonia, la scelta di trasferirsi qui sembra pazzesca e, per molte ragioni, quasi illogica. Pertanto, la domanda sorge spontanea ed è spesso accompagnata da perplessità e dubbio.

Nel mio caso, la Polonia è letteralmente “capitata” sul mio cammino. Dopo la laurea specialistica ho seguito il mio desiderio di vivere un’esperienza all’estero, in un paese in cui non fossi mai stata. Avevo già studiato e lavorato in altri paesi, ma si era sempre trattato di brevissime esperienze.

Quando, proprio il giorno della mia laurea, un’amica mi ha parlato del cosiddetto “Servizio di Volontariato Europeo”, mi sono incuriosita, ho fatto qualche ricerca su Internet e ho scoperto un intero mondo di possibilità e opportunità aperte ai giovani europei. Ho trovato una serie di progetti di volontariato a breve e lungo termine in tantissimi paesi. L’idea che dopo la laurea mi dedicassi ad un anno di volontariato, se da una parte mi scoraggiava (dopo tutti gli sforzi e l’impegno per ottenere i risultati desiderati), dall’altra mi spronava e chiamava all’avventura.

Il Servizio di Volontariato Europeo, dal 2016 trasformato in “Corpo Europeo di Solidarietà”, non era un comune programma di volontariato. Io avevo avuto qualche esperienza di volontariato internazionale con la mia Università e in cooperazione con alcune organizzazioni locali in Lombardia, e grazie a questi enti avevo operato in Ucraina, Madagascar, Italia e Romania. In molti casi avevo dovuto provvedere da sola alle spese di viaggio e (qualche volta) anche a quelle di vitto e alloggio. Altre alternative a cui avevo dato un’occhiata (in India o in Brasile) includevano persino il pagamento di una somma piuttosto alta per potervi partecipare.

Invece il Servizio di Volontariato Europeo sembrava davvero molto diverso e, adesso che lavoro come coordinatrice di progetti del Corpo Europeo di Solidarietà per un’Associazione non-profit di Katowice, ne sono sempre più convinta: è assolutamente un’esperienza da provare. I progetti del Corpo Europeo di Solidarietà sono finanziati dalla Commissione Europea tramite le Agenzie Nazionali dei Paesi che vi prendono parte: aperti ai giovani europei dai 18 ai 30 anni, offrono gratuitamente alloggio, trasporto locale, training, un corso di lingua del paese ospitante e rimborsano il viaggio verso la destinazione del progetto e quello di ritorno al paese d’origine. Oltre a tutto ciò, i volontari ricevono mensilmente una somma di denaro proporzionata al costo della vita del paese ospitante per il cibo e il proprio tempo libero. In ogni progetto si lavora in ambienti multiculturali, con volontari di altri paesi e si apprendono competenze specifiche che tornano utili nella futura vita professionale e personale, in base alle attività incluse nel progetto.

In quest’ottica, intraprendere tale percorso sembrava a tutti gli effetti conveniente. Nella mia ricerca, due progetti hanno particolarmente attirato la mia attenzione: uno in Belgio ed uno in Polonia. Quel giorno, poco più di quattro anni fa, ho deciso di candidarmi per entrambi i progetti, casualmente cominciando da quello in Polonia, a Katowice, una città a me totalmente sconosciuta. Una volta completata la candidatura, il computer si è bloccato e sembrava che proprio non ne volesse sapere di farmi continuare, tanto che ho dovuto lasciar perdere e rimandare la candidatura al progetto in Belgio ai giorni seguenti. Ma era troppo tardi: in poco tempo ho ricevuto l’invito ad un colloquio con i coordinatori del progetto di volontariato a Katowice. Il colloquio è andato bene e sono stata selezionata. Contrariamente alle espressioni perplesse degli amici a cui raccontavo di questa possibilità, non ho avuto dubbi e ho accettato. Sarei partita da lì a tre mesi per trascorrere un anno a Katowice e lavorare ad un progetto di monitoraggio degli uffici pubblici (enti turistici, comunali…) nella regione della Slesia sull’accoglienza dei turisti stranieri.

Nel febbraio 2017 sono arrivata in Polonia e, come molti altri giovani stranieri arrivati qui, non me ne sono ancora andata. Ho conosciuto altri ragazzi che hanno scelto la Polonia come destinazione per un progetto nell’ambito del Corpo Europeo di Solidarietà. Molti di loro hanno poi facilmente trovato lavoro qui, anche grazie alle competenze sviluppate durante i loro progetti di volontariato (dalla conoscenza della lingua inglese ad abilità informatiche, dal saper lavorare in una squadra multinazionale ad organizzare e gestire piccoli eventi locali). Io stessa coordino una squadra di volontari a Katowice e ogni anno ospitiamo nazionalità diverse.

 I progetti di volontariato del Corpo Europeo hanno spesso spianato la strada a tanti giovani spaesati, in cerca di avventura e allo stesso tempo di crescita all’estero, perché permettono di approcciarsi a nuove culture e abitudini e spesso sono la prima vera occasione di indipendenza e autonomia. Insomma, possono davvero rappresentare un trampolino di lancio verso una nuova vita: nel corso del progetto si cambia, si apre la propria mente, si apprezzano le caratteristiche di un altro paese e al contempo quelle del proprio. Si stabiliscono nuovi legami e si sperimentano nuovi contesti.

Il Corpo Europeo di Solidarietà sta crescendo anche in Polonia, dove sempre più organizzazioni decidono di aderire al programma per accogliere giovani volontari stranieri e arricchirsi di una componente multiculturale importante, non soltanto in grandi città come Gdansk, Wrocław, Warszawa o Poznań, ma anche in villaggi o paesini sparsi per il Paese. Dopo il Servizio di Volontariato Europeo, dal 2016 il Corpo ha già offerto l’opportunità a circa 275.000 giovani europei di età compresa fra i 18 e i 30 anni di partecipare ad attività di volontariato in una varietà di ambiti, finanziando progetti sociali, per la partecipazione ai processi democratici, per l’ambiente e il mondo digitale.

Per il periodo 2021-2027 è previsto un bilancio di oltre un miliardo di euro, e saranno finanziati anche progetti di volontariato in attività umanitarie in tutto il mondo.

Così sono “capitata” in Polonia. L’ho scelta. Perché poi in molti decidiamo di rimanere, beh, questa è tutta un’altra bella storia.

Mariachiara Barra

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